La laguna di Venezia - Parte 4

25 ottobre 2024

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Sabato 17 agosto, come scritto nell‘ultimo post, effettuiamo il trasferimento dal nostro ancoraggio verso il Diporto Velico Veneziano per trovare rifugio dal maltempo previsto. Dopo circa un‘ora e mezza di navigazione entriamo in porto e ci viene assegnato il nostro posto. L‘atmosfera è diversa rispetto agli altri marina dove siamo stati fino ad ora: si tratta infatti di un circolo velico che oltre ai posti barca ha anche una rampa di alaggio e offre la possibilità ai soci di lavorare in autonomia sulle proprie barche. Per la gran parte si tratta di piccole barche a vela adatte alla navigazione in laguna: per una volta Lilith è tra le “grandi”. Mentre esploriamo il circolo incontriamo una ragazza che sta sistemando „Gamba di legno“, la sua barca in alluminio, che era di suo padre. Chiacchieriamo per un po‘ di esperienze, lavoro, genitori che invecchiano e vita a Venezia e tra le altre cose ci informa di un festival cinematografico all‘aperto per la sera stessa in Campo San Polo. Ci sembra un‘ottima opportunità per una passeggiata per Venezia prima che arrivi il maltempo, visto che per arrivare a Campo San Polo dobbiamo attraversare tutto il centro città.

L'arcobaleno dal nostro posto sicuro nel Diporto Velico

Purtroppo la nostra passeggiata conferma tutte le ragioni per cui volevamo saltare la visita di Venezia: allo stupore per la bellezza architettonica si accompagna la sensazione di fastidio per come Venezia sia stata irrimediabilmente rovinata dal turismo di massa. È una tematica che ci è sempre stata a cuore perché una chiara manifestazione di quali sono le conseguenze di quella che è la direzione che ha intrapreso la nostra società improntata al profitto prima di tutto, commercializzazione delle esperienze, di ciò che e pubblico anche al costo del benessere delle persone per un vantaggio sul breve termine. Probabilmente Venezia è stata il prototipo di questo fenomeno. Per lo meno il discorso sull‘overtourism sta entrando sempre di più nel dibattito pubblico a livello globale. Durante i preparativi e durante la nostra crociera abbiamo cercato di approfondire la tematica leggendo del punto di vista delle associazioni veneziane che si battono da tempo per arginare questo fenomeno e guardando film e documentari che testimoniano i cambiamenti che hanno coinvolto il tessuto urbano e sociale di Venezia e causato il suo declino e spopolamento. Venezia é stata uccisa dalla sua bellezza e dalla miopia prima e ingordigia poi delle istituzioni e di parte dei veneziani stessi. Eventi come questo del cinema all‘aperto si inseriscono in quelle iniziative volte a cercare di mantenere un tessuto sociale per i pochi residenti che resistono. È bello vedere come anche i giovani universitari, non necessariamente veneziani, prendano a cuore questa tematica e portino linfa essenziale per rendere questi eventi possibili. La serata si rivela piacevole come pure il film e seguente dibattito con la regista.

Nei giorni successivi continuiamo le nostre passeggiate per Venezia visto che il maltempo si rivela ben poca cosa: avremmo potuto tranquillamente rimanere all‘ancora ma non ci pentiamo della nostra decisione. Meglio arrotondare per eccesso di prudenza.

Inoltre questo scalo a Venezia ci offre la possibilità di organizzare una visita da parte di mia mamma e di mio fratello: saranno i primi ospiti che avremo in navigazione. Martedì mattina ci raggiungono al diporto velico, li imbarchiamo e poi torniamo alla volta della zona di Burano e Torcello perché, oltre a essere sicuri di avere un buon ancoraggio, si tratta di un buon modo per fare provare l‘esperienza di navigare tra i canali lagunari a mia mamma e fare un giro per Burano che è abbastanza piccola da essere visitata in mezza giornata. Nel tardo pomeriggio infatti mamma riprende il traghetto per tornare a casa, mentre mio fratello resta con noi per i seguenti 5 giorni. È stato molto bello condividere i ritmi lenti della vita all‘ancora con lui, dandoci conferma di come con la persona giusta sia possibile condividere quest‘esperienza nonostante gli spazi ristretti di una barca a vela e le piccole complicazioni quotidiane dovute al fatto di non essere sulla terra ferma (acqua, provviste, spostamenti...). Grazie Gioele per le stimolanti chiacchierate e la compagnia!

Una volta rimasti nuovamente soli ci dirigiamo verso l'ultima tappa della nostra crociera: ci addentriamo nel cuore della parte nord della laguna veneziana risalendo il Canal Cenesa per circa un paio d‘ore. Il canale offre una buona profondità e la navigazione è tranquilla. Una volta calate le due ancore ci troviamo circondati solo da acqua e barene. Pace assoluta. L‘unica struttura è un capanno che speculiamo serva a chi alleva le „moeche“.

Qui passiamo gli ultimi tre giorni prima di lasciare la laguna per approfittare di una finestra meteo per raggiungere Albarella dove aspettare il passaggio di una perturbazione per poi tornare a Marina di Ravenna, dove abbiamo appuntamento per finalizzare l'installazione del tendalino paraspruzzi e poi prepararci per la Croazia.

La mattina della partenza un vento di circa 15 nodi rende un po' macchinose le operazioni per recuperare le due ancore ma ce la caviamo senza grossi problemi e dopo un‘ora e mezza imbocchiamo la bocca di Treporti e lasciamo la laguna dopo 3 settimane. Una volta in mare aperto ci accoglie un mare morto, cioè i rimasugli delle onde generate dal vento della notte precedente, con onde tra il metro e metro e mezzo. L‘onda è data in diminuzione così come il vento ed effettivamente arriviamo all‘isola di Albarella con un mare calmo.

Albarella è un‘isola interamente privata non accessibile ai non residenti. In quanto ospiti del marina abbiamo però accesso e ci vengono addirittura fornite delle bici per visitarla. Ovviamente non è un posto che risuona con noi in quanto si respira l‘aria di un enclave per ricchi e tutto sembra un po‘ finto. Come pure il fatto che l‘isola sia disseminata di statue in bronzo create da Dalí ma queste siano fruibili solo dai residenti non ci fa impazzire.

Passata la perturbazione lasciamo Albarella e affrontiamo il trasferimento finale. È una navigazione tranquilla con diverse ore di motore/vela per il debole vento ma verso la fine con circa 6 nodi stabili di vento navighiamo in scioltezza a 4 nodi e mezzo. Questa volta nessun avvistamento di tartarughe ma vediamo un branco di delfini!

Una volta attraccati al nostro posto barca, e dopo essere stati salutati dai vicini di banchina che si erano ovviamente accorti della nostra prolungata assenza ci godiamo la sensazione di euforia dovuta all‘idea di avercela fatta: sicuramente non è chissà che impresa ma è stata pur sempre la nostra prima crociera in totale autonomia, abbiamo superato diversi inconvenienti, la navigazione lagunare non era per niente banale per via delle maree e i bassi fondali, siamo riusciti a stare per settimane all'ancora senza avere problemi di elettricità e gestione dell'acqua e cambusa, ma soprattutto abbiamo assaporato quello che verrà nei prossimi anni di esplorazione del mediterraneo, con la consapevolezza che è veramente quello che vogliamo fare e che, seppur abbiamo ancora tanto da imparare, siamo una buona squadra e siamo all‘altezza della situazione.

Per festeggiare andiamo a mangiarci una pizza.

Questa è la traccia del nostro percorso di 170 miglia in 3 settimane e mezzo: nell'immagine a sinistra la linea verde rappresenta l'andata e quella rossa il ritorno; nell'immagine a destra si vedono più in dettaglio le tappe nella laguna.

The Venice lagoon - Part 4

25 Oct, 2024

On Saturday, August 17, as written in the last post, we made the transfer from our anchorage to the Venetian Yacht Club "Diporto Velico Veneziano" to find shelter from the expected bad weather. After about an hour and a half of sailing we entered the harbor and got assigned our berth. The atmosphere was different from the other marinas we have been to so far: this is in fact a sailing club that in addition to berths also has a hauling ramp and offers the opportunity for members to work independently on their own boats. For the most part these are small sailboats suitable for sailing in the lagoon: for once Lilith is among the “big ones”. As we explored the club we met a girl who was fixing up "Gamba di Legno" (Wooden Leg) her aluminium boat that was her father's. We chatted for a while about experiences, work, aging parents and life in Venice, and among other things she informed us of an outdoor film festival for the same evening in Campo San Polo.It was an excellent opportunity for a walk around Venice before the bad weather arrived, since to get to Campo San Polo we had to cross the entire city center.

The rainbow from our safe spot in the little Venice yacht club

Unfortunately, our walk confirmed all the reasons we wanted to skip visiting Venice: awe at the architectural beauty is accompanied by a feeling of annoyance at how Venice has been irreparably ruined by mass tourism. This is an issue that has always been close to our hearts because a clear example of the consequences of what is the direction our society has taken, in which profit comes always first, experiences and public places get commercialized at the cost of people's interests and well-being for short-term gain. Probably Venice has been the prototype of this phenomenon. At least the awareness of the problems caused by overtourism is raising globally. During our preparations and during our cruise, we tried to inform ourselves about the issue by reading about the views of Venetian associations that have long been fighting this phenomenon and by watching films and documentaries about the changes that have involved the urban and social fabric of Venice and caused its decline and depopulation. Venice has been killed by its beauty and by the short-sightedness first and greed later, of the institutions and part of the Venetians themselves. Events such as this one of the open-air cinema are part of those initiatives aimed at trying to maintain a social connection for the few residents who endure. It is good to see how also young university students, not necessarily Venetians, take this issue to heart and help to make these events possible. The evening was enjoyable as was the movie and following discussion with the director. Over the next few days we continued our walks around Venice as the weather turned out to be better than forecasted: we could easily have stayed at anchor but we did not regret our decision. Better safe than sorry.

In addition, this stopover in Venice gave us a chance to arrange a visit from my mom and brother: they were going to be our first guests while sailing. On Tuesday morning they joined us at the dock, we embarked them and then we headed back to the Burano and Torcello area because, besides being sure to have a good anchorage, this was a good way to give my mom the experience of sailing the lagoon canals and take a tour of Burano, which is small enough to be visited in half a day. In fact, in the late afternoon Mom took the ferry back home and my brother spent the following 5 days with us. It was very nice to share the slow pace of life at anchor with him, giving us confirmation of how with the right person it is possible to share this experience despite the cramped space of a sailboat and the small daily complications of not being on land (water, provisions, travel...). Thank you Gioele for the stimulating talks and company!

Once we were alone again, we headed for the last leg of our cruise: we entered the heart of the northern part of the Venetian lagoon by sailing up the Canal Cenesa for about a couple of hours. The canal offers good depth and the navigation was smooth. Once the two anchors were dropped we found ourselves surrounded only by water and saltmarshes ( low, flat, wetlands subjected to tidal flooding and covered with a thick mat of grasses and plants). Absolute peace. The only structure nearby was a hut used, we guessed, by those who raise “moeche” (soft shelled crabs, only available for a few weeks in spring and fall when the crabs shed their shells; usually served fried).

Here we spent the last three days before leaving the lagoon taking advantage of a weather window to reach Albarella where we waited for an incoming weather system to pass and then return to Marina di Ravenna, where we had an appointment to finalize the installation of the sprayhood and then prepare for Croatia.

On the morning of departure a wind of about 15 knots made the operations to retrieve the two anchors a bit difficult but we managed without major problems and after an hour and a half we were at the mouth of Treporti leaving the lagoon after 3 weeks. Once in the open sea we had waves between a meter and meter and a half, generated by the previous night's wind, but the conditions improved as forecasted and we arrived at the island of Albarella in calm conditions.

Albarella is an entirely private island not accessible to non-residents. However, as guests of the marina we had access and were provided with bikes to visit it. Obviously it is not a place that resonates with us as it breathes the air of an enclave for the rich and everything seems a bit fake. Also the fact that the many statues by Dalì on the streets of the islands cannot be visited by the public felt a bit weird.

Once the rain had passed, we left Albarella and faced the final transfer. It was smooth sailing with several hours of motor/sailing due to the weak wind but toward the end we had consistenly 6 knots of wind and we kept a good speed of 4 1/2 knots. No turtle sightings this time but we saw a pod of dolphins!

Once we docked at our berth, and after being greeted by the dock neighbors who had obviously noticed our prolonged absence, we enjoyed the feeling of accomplishment: it was our first cruise in total autonomy, we overcame several inconveniences, the lagoon navigation was not at all trivial because of the tides and the shallow waters, we managed to stay for weeks off-grid at anchor without having issues with electricity, water and food management, but most of all we savored what is to come in the next years of exploring the Mediterranean, with the knowledge that this is really what we want to do and that, although we still have a lot to learn, we are a good team and we are up to the task.

We then went out for pizza to celebrate.

This is the track of our 170-mile route in 3 1/2 weeks: in the image on the left, the green line represents the outward journey and the red line represents the return; in the image on the right, you can see the stops in the lagoon in more detail.

 

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